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La
pietra leccese (in dialetto salentino "Leccisu")
è una roccia calcarea appartenente al gruppo delle calcareniti
marnose e risalente al periodo miocenico. È una formazione
rocciosa tipica della regione salentina, nota soprattutto per
la sua plasmabilità e facilità di lavorazione.
Affiora naturalmente dal terreno e si ricava dal sottosuolo
in enormi cave a cielo aperto, profonde fino a cinquanta metri
e diffuse su tutto il territorio salentino, in particolare nei
comuni di Lecce, Corigliano d'Otranto, Melpignano, Cursi e Maglie. |
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Lu Leccisu" viene ricavato
in forma di parallelepipedi di varia dimensione; l'estrazione
è semplice poiché si lascia incidere con la stessa
facilità del legno. Durezza e resistenza della pietra,
una volta estratta, crescono con il passare del tempo, e nella
consolidazione la pietra assume una tonalità di colore
ambrato simile a quella del miele. Di colore dal bianco al giallo
paglierino, la roccia si presenta compatta e di grana fine,
utilizzata sia in campo architettonico che scultoreo, deve la
sua particolare malleabilità alla presenza di argilla,
che permette un modellamento al tornio e persino manuale. Apprezzata
in campo artistico, ha raggiunto stima internazionale grazie
all'artigianato locale che nel corso dei secoli ha prodotto
la complessa architettura del Barocco Leccese. Esempi significativi
sono i fregi, i capitelli, i pinnacoli e i rosoni che decorano
molti dei palazzi e delle chiese di tutto il Salento, dove ha
avuto un uso diffuso sia in ambito ecclesiastico che civile.
La natura stessa della pietra la rende molto sensibile all'azione
meccanica degli agenti atmosferici, all'umidità di risalita
del terreno, alla stagnazione di acqua e allo smog. |
Per
rendere " Lu Leccisu"
più resistente alle intemperie, i maestri scultori dell'epoca
barocca usavano trattare la roccia con del latte, il blocco
di pietra leccese veniva spugnato o immerso interamente nel
liquido; il lattosio, penetrando all'interno delle porosità,
creava uno strato impermeabile che preservava la pietra fino
a portarla, quasi inalterata, ai giorni nostri.
Nota sin dall'antichità, nella Terra d'Otranto si trovano
dolmen, menhir, statue e costruzioni romane fabbricati con questa
pietra. I primi studi geologici risalgono alla seconda metà
del XVI secolo, ma si deve a Giovanbattista Brocchi, nel suo
studio sulla configurazione geologica salentina (1818), l'identificazione,
la prima datazione (fra Secondario e Terziario) e l'origine
del nome della pietra leccese. Al suo interno, cavatori e paleontologi
hanno rinvenuto fossili rilevanti di cefalopidi, delfini, capodogli,
denti di squali, pesci, tartarughe e coccodrilli. Attualmente,
l'artigianato della pietra leccese produce souvenir e opere
d'arte che ormai hanno valicato i confini regionali e nazionali,
e portano il calore del Salento. |
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